INTERVISTA A PAGINA46 S.R.L.

Il testimone è ora nelle mani di Matteo e Paola, parte del team di Pagina46. Dietro un PC si nasconde Teo, il socio timido di Matteo e Alessandro. Perché Paola non è socia ma è comunque parte integrante della squadra, arrivata a mettere un po’ di ordine.

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ValeriaBuongiorno! Come ben sapete siete stati nominati da QZR. Mi dicono che state collaborando ad un progetto molto interessante di cui, tuttavia, non hanno potuto svelare granché. Quando li ho intervistati, infatti, eravate nel clou del lavoro, ancora top secret. E’ cambiato qualcosa? Ne possiamo parlare adesso?

Matteo: il progetto di cui ti ha fatto cenno QZR è effettivamente il nostro progetto core, su cui stiamo lavorando da mesi. E’, tra l’altro, l’oggetto della nostra startup innovativa. Si tratta di un’applicazione per l’organizzazione dei turni di lavoro. In particolare, ci rivolgiamo al mondo del volontariato, anche se poi faremo un tentativo di declinazione su altri settori. Stiamo cercando ad esempio di capire se la possiamo adattare al mondo della nautica. Fondamentalmente si tratta di un’applicazione per cercare di gestire le prenotazioni dei turni dei volontari, si chiama AppToMe.

Quello del volontariato è un mondo che non conosco. Me lo descrivi?

Matteo: a differenza del mondo del lavoro, dove c’è una persona che organizza i turni per gli altri, nel mondo del volontariato è il volontario stesso che si rende disponibile a fare dei turni. In Italia si è sviluppato soprattutto il volontariato legato al sanitario; questo tipo di volontariato implica delle responsabilità. Implica, ad esempio, che il personale sia formato e abbia determinate certificazioni per svolgere determinati compiti: l’esecutore di BLSD, piuttosto che il soccorritore avanzato, piuttosto che un autista di un’ambulanza o di un mezzo di soccorso. Dico questo per far capire che non è richiesto, banalmente, di avere 5 volontari per coprire un servizio ma è richiesto un autista, un operatore BLSD, due operatori avanzati. La gestione di questo gruppo di persone che si forma è molto complessa. L’applicazione nasce proprio per risolvere questa problematica. Da una parte, permette al volontario di segnarsi in autonomia, dall’altra dà la possibilità a chi gestisce i turni di trovare persone in base al loro ruolo e di stabilire tutta una serie di vincoli sul turno, in base alle esigenze. Le norme cambiano da regione a regione: ogni regione ha una gestione sanitaria quindi cambiano anche i requisiti degli equipaggi.

Questa idea deriva da un vostro impegno nel volontariato e quindi da una conoscenza diretta di specifiche esigenze, oppure siete talmente avanti da aver pensato di realizzare un’applicazione utile e basta?

Matteo: Beh…questa applicazione l’ho scritta circa 10 anni fa ..più o meno a 25 anni. Non era proprio un’applicazione ma un sito web scritto perché Paola, che faceva la responsabile dei turni in una pubblica assistenza, aveva segnalato questa esigenza. All’epoca esisteva ancora una bacheca dove la gente andava a scrivere la propria disponibilità, c’era poi un responsabile che vagliava tutte le disponibilità raccolte, le verificava e così via. Come Pagina46 abbiamo deciso di proseguire e sviluppare ulteriormente il software da me elaborato, facendolo diventare un marchio della nostra azienda. Insieme a QZR stiamo lavorando sul design delle interfacce.

Quindi Pagina46 è nata proprio con l’idea di mettere mano a questa applicazione, rendendola più “moderna”, oppure è nata con l’idea di fare anche altro?

Matteo: Pagina46 è nata con l’idea di sviluppare questa applicazione, che abbiamo chiamato AppToMe, dandole un’interfaccia insieme più giovane e più semplice e di fare anche altro, ossia una serie di servizi collegati di fatto a quell’attività, quindi sviluppo di applicazioni, sviluppo di software su misura, web, sviluppo dei siti..

 ….credo che a questo punto si possa spiegare il perché del nome della vostra startup. Perché Pagina46?

Matteo: il nome deriva dalla volontà di creare un’azienda che proponga soluzioni. Ci siamo quindi ispirati alla Settimana Enigmistica, dove le soluzioni erano sempre a Pagina46. Da qui il gioco di parole con il nostro payoff che è “soluzioni digitali”. Desideriamo offrire soluzioni alle aziende che hanno bisogno di modernizzarsi e digitalizzarsi e che si trovano ad affrontare problemi quali, ad esempio, quelli che derivano dai flussi manuali cartacei: possibilità di errore, possibilità di perdere il documento, difficoltà ad analizzare i dati che sono stati prodotti e così via..

Riassumiamo quello che ci siamo detti finora. L’idea originaria della App è di 10 anni fa ma l’azienda è nata da poco. Qual è il vostro percorso professionale? Cosa è successo in questi 10 anni?

Matteo: dunque…i soci di Pagina46 siamo io, Teo e Claudio, che ha una piccola quota. Io e Teo abbiamo lavorato insieme in una software house di Lucca che sviluppa un gestionale per buste paga, dopodiché siamo stati due anni al coworking Multiverso, poi abbiamo fatto un percorso di formazione con Federmanager, durante il quale ci è stato affidato Claudio come mentor e, alla fine, abbiamo deciso di costituire la società e di dare un 10% di quote anche a lui, affinché continuasse a seguirci e a fare quell’attività che aveva fatto per noi durante questo corso.

Di orientamento?

Matteo: fino a poco tempo fa Claudio era AD di una società con un centinaio di dipendenti e quindi, rispetto a noi, ha una visione maggiore, sa cosa è un’azienda e cosa è il mercato; dovrebbe essere la persona che porta un po’ di seniority all’interno.. per scrollarci un po’ di dosso l’idea dei ragazzetti.

Non è la prima volta che ti sento fare un discorso di questo tipo, ossia legato al fatto che vuoi scrollarti di dosso l’idea del “ragazzetto”..perché? Hai vissuto delle situazioni in cui ti sei accorto che venivi visto come un ragazzo troppo giovane per avere autorevolezza oppure è una tua idea?

Matteo: diciamo che, per nostra esperienza, ci siamo accorti di lavorare alla fine di una filiera. Sopra di noi a volte c’è un’azienda e a volte ce n’è anche un’altra; entrambe non fanno niente ma semplicemente marginano perché hanno l’autorevolezza di andare da un certo tipo di cliente e vendere una cosa a 100 mila euro, comprandola però a 60.. e spesso l’azienda che la vende a 60 ricompra a 30 da noi. Per noi è difficile uscire da questa cosa qui. Siamo spesso nella situazione di conto terzi se non di conto quarti, quinti…però poi, in realtà, il lavoro lo facciamo noi. Da questa considerazione deriva la strategia di portare dentro un senior, per poter avere qualcuno che ci potesse far parlare con persone che altrimenti non ci avrebbero mai ascoltato.

Quindi: prima, a Multiverso, lavoravate come autonomi a partita IVA, poi avete creato la società e quindi te, Paola, che fai? Io ero convinta che tu fossi uno dei soci ..

Paola: no no, Matteo e Teo hanno creato la società. Ci sono poi due dipendenti, che siamo io e Alessandro, che fa programmazione. Io ho una formazione diversa, ho studiato Relazioni Internazionali e poi ho lavorato come account in un’agenzia di comunicazione. A Pagina46 faccio tutto quello che non è programmazione: amministrazione, marketing e inoltre mi occupo dei testi dei siti.

Matteo: per il progetto della App ci serviva una persona che conoscesse il mondo del volontariato, che Paola ha fatto per tanti anni. Ci serviva poi una persona che avesse competenze anche umanistiche..anche, banalmente, per fare un testo sul sito…

Che non è così banale

Matteo: che non è banale..chiaramente per noi sarebbe una cosa drammatica..ad esempio, ci avevano chiesto di fare un manuale, lo abbiamo fatto e ce lo hanno rimandato indietro dicendoci che è incomprensibile.

Perché l’avete scritto con il vostro linguaggio…non l’avete fatto leggere a lei prima?

Matteo: no..

Grande errore….avendo io una formazione umanistica e non avendo nessuna competenza nel vostro campo, né attitudine personale, ho spesso molta difficoltà a tradurre in un linguaggio corrente quello che mi viene detto da chi fa il vostro lavoro…per voi è difficilissimo spiegarlo, per noi è difficilissimo capirlo. Dobbiamo trovare una via di mezzo!

Oltre alla App di cui mi avete già parlato vorrei conoscere meglio i servizi digitali che offrite. Mi fate qualche esempio?

Paola: di solito la richiesta è “vorrei riuscire ad avere un gestionale che mi aiutasse sia a fare i preventivi, sia a gestire la parte commerciale, sia a gestire tutti gli ordini interni, il magazzino, ciò che vendo, ciò che rimane lì, ciò che dovrei vendere eccetera “. Generalmente chi si rivolge a noi ha bisogno che la gestione aziendale diventi un flusso e che questo flusso restituisca loro una fotografia dell’azienda.

Immagino quindi che ogni lavoro sia fatto su misura…

Paola: sì, perché ogni azienda ha il suo flusso. Ad esempio, un’azienda che vende capsule per il caffè ha un magazzino e ha bisogno di avere una gestione relativa principalmente alle vendite. Questo significa che ciò che viene venduto al banco deve essere immediatamente eliminato dal magazzino. Se, però, un’azienda non vende capsule ma vende servizi non si parlerà più di magazzino ma di altro..e così via.

Matteo: si tratta di sviluppare un software gestionale custom, costruito da zero sulle esigenze del cliente senza proporre soluzioni già esistenti e, magari, adattate. Di solito il cliente ci chiede: “io voglio le cose fatte così, uso questo foglio oppure questo file excel e voglio il gestionale fatto nello stesso modo”. Facendo il gestionale su misura queste persone non hanno difficoltà ad usarlo, perché la schermata è, banalmente, uguale al foglietto che ha usato per anni. I campi da riempire sono gli stessi che aveva sul foglietto. Inoltre, quando il software comincia a fare degli automatismi e dei calcoli, quando comincia a proporre da solo certi dati, l’utente è soddisfatto.  Accanto all’elaborazione dei software custom c’è anche l’idea di individuare possibili prodotti da mettere sul mercato come quello su cui abbiamo cominciato a lavorare che si chiama Bric,  un gestionale per le imprese edili. 

Abbiamo anche sviluppato un software per i laboratori di analisi sui materiali. Questi laboratori solitamente producono una miriade di fogli cartacei, che poi vengono portati a una persona che ci fa un foglio excel, che poi lo porta ad un’altra persona che ci fa un pdf, che poi lo scansiona e lo ricarica…Questo software lo abbiamo fatto per un nostro cliente che ci ha concesso la possibilità di rivenderlo ad altri laboratori. Tuttavia, causa Covid, si è bloccata l’attività di promozione che avevamo pensato di fare nell’ambito delle assemblee nazionali di questi laboratori che, però, sono state sospese.

In che modo le aziende entrano in contatto con voi?

Paola: in realtà, per ora, tutte tramite il passaparola, alcune tramite il passaparola dentro il Polo Tecnologico. Altre invece attraverso una partnership che abbiamo fatto con “Ennebi computer” di Lucca. Laddove abbiamo bisogno di comprare dell’hardware, anche per i nostri clienti, facciamo riferimento a loro e laddove loro abbiano dei clienti che hanno bisogno di sviluppare dei software o dei siti web, fanno riferimento a noi.

Certo che non sentire nemmeno la voce dell’altro socio….

Teo: no, io sono timido….

Matteo: no, il socio non parla mai.

Mmmmm…vabbè….Allora torniamo a voi due: ciascuno di voi utilizzi tre parole per descrivere la vostra esperienza qui al Polo. Se vuole, può partecipare anche il ragazzo timido..

Matteo: sicuramente qualcosa legato a Comunità…sicuramente è Relazioni, Network, sicuramente è Condivisione di obiettivi.

Paola: Collaborazione, Determinazione e Serietà.

Matteo, tu hai fatto Informatica?

Matteo: no, Fisica.

Ah sì??? E quindi l’informatica era una passione?

Matteo: sì, ho sempre avuto la passione per l’informatica ed infatti ho fondato il “Luccalug – Lucca Linux User Group” che è un’associazione di informatica di cui ora il Presidente è Alessio, che lavora al coworking. Al nostro apice abbiamo fatto il Linux day con le scuole a villa Bruguier pagata dal Comune , quasi 200 partecipanti..16 relatori che parlavano.

Perché allora hai fatto Fisica, se avevi questa passione?

Matteo: l’Informatica l’ho scoperta all’Università. Io ho fatto il liceo scientifico e in classe mia non c’era nessuno che programmasse quindi, fino a che non sono arrivato all’università, non sapevo niente di programmazione se non quel pochissimo che ci facevano vedere alle scuole superiori dell’epoca…

Quindi mentre studiavi Fisica hai scoperto la programmazione e hai approfondito da solo.

Matteo: Ho collaborato e lavorato su molti progetti informatici promossi dall’associazione come il trashware, ossia quell’attività che prevede la sostituzione di componenti guaste nei dispositivi elettronici oppure la sistemazione di computer non più efficienti al fine di renderli nuovamente operativi, magari utilizzando un software libero.

Quando ti sei iscritto a Fisica pensavi di fare altro o ti sei scritto per interesse alla materia?

Matteo: per interesse alla materia e oggi ho la certezza di aver fatto la scelta giusta perché Fisica dà delle nozioni di matematica piuttosto elevate, impari a modellare, a capire come poter risolvere un problema. Tantissimi fisici si riversano nel mondo dell’informatica perché se non fai ricerca non fai molto altro.

Paola: diciamo che quello competente è Teo, che ha una laurea in Informatica

Vabbè però anche Matteo è bravo, si è “fatto da solo” si direbbe…

Teo: Diciamo di sì via, sotto certi aspetti è bravo, sotto altri è un po’ un dramma..è meglio sua moglie..è meglio lei.

Ultima domanda: facciamoci gli affari personali di uno di voi. Scegliete uno di voi di cui raccontarmi o un aneddoto, un hobby, una passione..cose curiose da raccontare.

Matteo: noi due non abbiamo niente da dire, stiamo qui dalla mattina alla sera. L’unica di cui raccontare è Paola.

Paola: No..in realtà ti dico io cosa fanno dalla mattina alla sera: giocano.

Il gioco ha a che fare con questa sedia che tenete in ufficio?

Paola: no, quello è un regalo che ho fatto io a Matteo tanti anni fa. E’ un simulatore di guida che è arrivato qui perché nostra figlia ha rischiato tante volte di spaccarsi la testa, inciampandoci. All’inizio ci giocavano poi hanno scoperto Warzone e giocano a quello, molto. Durante la pausa pranzo non mangiano più e giocano. E la sera anche, giocano.

Cosa ha di bello questo gioco? Dovete fare la guerra con qualcuno? Chi è il vostro nemico?

Paola: Tutti. Vince chi rimane solo. Bello no?

Potrebbe succedere che rimaniate voi due soli e dobbiate farvi la guerra?

Matteo: No, in ogni partita si parte in 150 persone, tutte reali. Non c’è intelligenza artificiale. In genere si chiama Battle Royale e si gioca in team, chiaramente noi si gioca in team. Siamo organizzati. Io ho la consolle, Alessandro pure, Teo ha il computer. Però noi non si vince mai. Diciamo che facciamo team building.

Siamo giunti alla domanda fatidica. Dovete nominare qualcuno per la prossima intervista, ci avete pensato?

Matteo: io per coerenza e continuità direi Genau, cui abbiamo fatto da pochissimo il sito. Loro lo hanno disegnato e noi lo abbiamo realizzato. Nomino loro per “coerenza” e continuità visto che QZR ha nominato noi perché stanno lavorando con noi. Poi in qualche modo veniamo da là, dal coworking, che è gestito da Genau.

Povera me….mi date un compito difficile…Gestirli tutti e tre insieme non sarà banale…no via, sarà divertente.

C’è qualcosa che volete aggiungere?

Matteo: solo che quando arriveranno i soldi del PNRR (ndr: Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) per la digitalizzazione, noi potremo intervenire presso quelle aziende che ne faranno richiesta, fornendo i nostri servizi custom.

Valeria: ve lo auguro! Grazie per questa bella chiacchierata, che mi ha dato anche modo di approfondire un aspetto del mondo del volontariato che non conoscevo e, di conseguenza, un aspetto del vostro lavoro utile a facilitare la gestione e la combinazione di flussi di vario genere.

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…e ovviamente al Polo Tecnologico Lucchese

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